Il premio nobel (1907)

All'età di 74 anni, il politico della pace conosciuto sia sul piano nazionale che internazionale riceve il premio Nobel per l'impegno profuso per la divulgazione della pace ed il progresso civile dell'intera umanità.

Moneta è un uomo dagli alti valori umani e civili che, oltre a caratterizzare la sua forte personalità, ne delineano il pensiero. La sua candidatura viene appoggiata dallo scrittore norvegese Bjornson e da un gruppo di componenti dell'assemblea legislativa italiana, tra i quali predomina la figura dell'onorevole Giovanni Giolitti. Il premio è condiviso con il francese Louis Renault, docente di diritto internazionale all'università di Parigi.

Gli ideali pacifisti di Ernesto Teodoro Moneta si divulgano all'intera popolazione, acquisendo allo stesso tempo sia un carattere informativo che formativo. Una volta ricevuto il premio, assegna L. 20.000 all'Unione Lombarda, la quale delibera la fondazione di un premio Moneta da conferire a tutti coloro che si distinguono nel sostenere la causa della Pace.

Il 25 agosto 1909 Ernesto Teodoro Moneta si reca in Norvegia, dove nel salone dell'Istituto Nobel per la Pace di Cristiana (Oslo), svolge una lunga conferenza sul tema «Pace e diritto nella tradizione italiana». Nella sua relazione Moneta analizza e riassume il suo pensiero e la concezione pacifista che ispira tutta la sua attività. Pubblicato nello stesso anno, il testo della conferenza ha una vasta diffusione, anche grazie al calore umano e patriottico che la caratterizza.


Le sofferenze e le angosce degli ultimi anni

L'evoluzione dei fatti storici sconvolgono l'animo di Moneta creandogli dei problemi di coscienza che turbano gli ultimi anni della sua vita.

Di fronte alla spedizione libica e alla guerra italo-turca (1911-1912), la posizione di Moneta appare contraddittoria. In lui si agitano opposti sentimenti che non riescono a contenere quello spirito fortemente patriottico, tipico degli anni giovanili.

Pochi mesi prima dell'occupazione italiana in Libia, Moneta si schiera contro gli estremisti nazionalisti, sostenendo che la vera grandezza di un popolo non consiste nella maggiore estensione del territorio, bensì nella moralità e nel carattere dei cittadini.

Intanto, le ostilità tra l'Italia e la Turchia crescono tanto che il pacifista italiano convoca il Comitato direttivo della Società per la Pace per far riconoscere l'importanza di un intervento italiano e la necessità storica dell'espansione coloniale.

Il teorico del pacifismo cede il passo al patriota e al militante che vede la guerra come una nuova formulazione del diritto alla tutela degli interessi nazionali, procurandosi le ostilità di quanti vedono nelle sue nuove convinzioni una sostanziale negazione dell'ideale pacifista. Moneta si ritrova a intraprendere una fitta corrispondenza con i più autorevoli rappresentanti delle correnti pacifiste, non per giustificare le sue scelte militari, ma per sostenere la sua correttezza morale. La sua più ferma convinzione sta nel ritenere che l'eliminazione della Turchia rappresenta l'unica via per poter raggiungere la sospirata unione europea. Le sue contraddizioni giungono al culmine con il profilarsi del primo conflitto mondiale.

Secondo Moneta l'Italia, in considerazione della sua posizione politica e diplomatica può assumere la posizione di mediatrice tra la Triplice Alleanza e la Triplice Intesa, rappresentando così il punto di unione tra gruppi di potenze avversarie.

I suoi tormenti interiori lo portano, in un primo momento, ad appoggiare la posizione neutrale dell'Italia e in un secondo momento a considerare l'entrata giusta in guerra dell'Italia, la quale non può perdere di vista la realizzazione delle sue aspirazioni nazionali.

Nel frattempo, la sua vita privata viene sconvolta da lutti familiari e da gravi problemi di salute che lo inducono a dover sopportare gravi sofferenze psicologiche e fisiche.

Dopo la morte della moglie, Moneta perde la vista a causa di un glaucoma che rende necessario l'asportazione dei bulbi oculari e non potendo più leggere decide di farsi aiutare dalla sua segretaria che gli rende possibile di poter continuare la sua intensa attività di giornalista e pacifista.

Il 10 febbraio 1918 muore il decano del pacifismo, un uomo che predicando instancabilmente l'idea di un pacifismo universale, ispira tutta la sua vita alla patria, all'umanità, alla concordia civile, alla pace e alla fratellanza fra i popoli.

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