La rivoluzione in Italia e la prima guerra di indipendenza

Negli Stati italiani, all'inizio del 1848, ci sono forti aspettative per l'evoluzione politica dei vecchi regimi.

In gennaio, la sollevazione di Palermo induce Ferdinando II di Borbone a concedere una costituzione. Sull'onda di questo provvedimento, risoluzioni analoghe vengono emanate in Piemonte da Carlo Alberto, in Toscana da Leopoldo II, e nello Stato Pontificio da Pio IX.

Con lo scoppio della rivoluzione in Francia, anche i democratici italiani riportano in luce la questione dell'indipendenza nazionale.
Tanto è vero che a Venezia viene proclamata la repubblica ad opera di Daniele Manin. Anche a Milano le agitazioni assumono un carattere di autentica guerra popolare: durante le famose Cinque Giornate la popolazione, guidata da Carlo Cattaneo, costringe alla ritirata il presidio austriaco, comandato dal maresciallo Radetzky, e instaura un governo provvisorio.

Il 23 marzo Carlo Alberto dichiara guerra all'Austria, ottenendo l'appoggio del re delle due Sicilie, del Granduca di Toscana e del Papa, appoggio che da lì a poco verrà messo in discussione per la scarsa risolutezza nelle azioni militari di Carlo Alberto, preoccupato solamente di annettere il Lombardo-Veneto al Piemonte. Dopo alcune vittorie dei piemontesi, l'impero asburgico infligge, presso Custoza, una sconfitta decisiva e il 9 agosto viene firmato l'armistizio di Salasco.

Lotte dei democratici e restaurazione dei conservatori

Dopo la sospensione della guerra sabauda contro l'Austria e dopo la sconfitta del moderatismo monarchico, riprende piede in Italia l'iniziativa democratico-popolare.

La Sicilia resta sotto il controllo dei separatisti, che costituiscono un governo e promulgano una propria costituzione democratica.

A Venezia, invece, anche dopo la sconfitta di Custoza, Daniele Manin ha nuovamente proclamato la repubblica.

A Roma Pio IX, dopo la concessione dello statuto, tenta di creare un governo moderato sotto la presidenza di Terenzio Mamiani e con la partecipazione del giurista Pellegrino Rossi. Ma la morte inaspettata di Pellegrino Rossi, assassinato da un settario, fa precipitare la situazione, tanto che il papa abbandona la capitale e si rifugia a Gaeta.

Il 9 febbraio si costituisce a Roma un governo provvisorio che dichiara decaduto il potere temporale dei Papi e proclama la repubblica. La guida del governo viene affidata ad un triumvirato costituito da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini. Proprio Mazzini suggerisce la convocazione di un'assembla costituente nazionale, pronta a delineare la formazione di una repubblica italiana.

Anche nel Granducato di Toscana, Leopoldo II sostiene la nuova ondata repubblicana, ma al momento della convocazione di un'assemblea costituente si ritira a Gaeta. Anche qui, come a Roma, si forma un governo con a capo un triumvirato, formato da Montanelli, Guerrazzi e Mazzoni.

Il 20 marzo 1849, Carlo Alberto, pressato dalle richieste dei democratici e dalle condizioni imposte dagli austriaci per la firma della pace, decide di riaprire le ostilità, affidando il comando dell'esercito piemontese ad un ufficiale polacco: Wojciech Chrzanowski.
La scarsa comprensione tra l'ufficiale polacco e gli alti ufficiali piemontesi, l'impreparazione tecnica militare dell'esercito, i dissensi tra i comandanti, e la controffensiva austriaca, segnano la decisiva sconfitta dei piemontesi nella battaglia di Novara. A Carlo Alberto non rimane altro che abdicare in favore del figlio Vittorio Emanuele II, che firma un nuovo armistizio con gli austriaci.

Con la sconfitta di Novara, si ha il ritorno degli austriaci e della loro restaurazione: vengono soffocate le insurrezioni di Brescia e di Venezia, viene repressa la repubblica toscana e ripristinato il trono di Ferdinando di Borbone in Sicilia.

Intanto la resistenza della repubblica romana rappresenta una testimonianza di altissimo valore sociale e politico, tanto è vero che, prima della resa, l'Assemblea Costituente approva il testo della Costituzione, destinato ad essere il modello-simbolo a cui gli italiani, sia democratici che moderati, possano ispirarsi.

Alla fine, l'ipotesi rivoluzionaria viene decisamente sconfitta a causa di una forte spaccatura tra i democratici-radicali e i liberal-moderati.
Ciò non toglie che la spinta verso una maggiore partecipazione al potere politico e l'affermazione degli ideali di nazionalità rappresentano l'inizio di una nuova concezione politica.

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