La guerra russo-giapponese e la rivoluzione del 1905

All'inizio degli anni '90 la Russia, grazie alle grandi costruzioni ferroviarie e all'afflusso di capitali stranieri, realizza un primo decollo industriale che presenta delle sue peculiarità, in quanto affidato all'iniziativa dello Stato e non alla borghesia imprenditoriale.
Purtroppo, lo sviluppo industriale non modifica l'arretratezza della vita sociale ed economica della popolazione, tanto più che l'agricoltura versa in condizioni di grande arretratezza, soffrendo di una grande sovrabbondanza di manodopera.
La tensione politica e sociale inasprisce il malcontento generale del Paese, che trova la sua massima espressione nei continui scioperi del proletariato industriale e nella penetrazione delle correnti rivoluzionarie fra i ceti popolari.

Mentre la classe operaia viene suggestionata dal Partito Socialdemocratico, i contadini sono influenzati dalla propaganda del Partito Socialista Rivoluzionario, nato nel 1900 dalla confluenza di gruppi anarchici e populisti.
Alla fine la protesta politica e sociale finisce nell'incanalarsi in un moto rivoluzionario.
La situazione peggiora anche a seguito dello scoppio della guerra russo-giapponese (1904) che, provocando l'aumento dei prezzi, fa salire la tensione sociale. Il malcontento della popolazione si trasforma in una dimostrazione di piazza che ha lo scopo di richiedere maggiori libertà politiche, ma l'esercito reagisce soffocando l'agitazione nel sangue e provocando centinaia di morti e oltre duemila feriti. L'eco della tragedia si diffonde presto sia nei centri e sia nelle campagne, provocando nuove agitazioni, inasprite anche dagli esiti drammatici della guerra. La guerra, conclusasi con la mediazione del presidente americano Theodore Roosevelt e con la pace di Portsmouth, sancisce la piena vittoria del Giappone a sfavore della Russia, che si impegna a sgomberare la Manciuria, a cedere la metà meridionale dell'isola di Sakhalin e Port Arthur, e a riconoscere il protettorato nipponico sulla Corea.

Prima della fine della guerra, si riscontra sul suolo russo uno stato di semianarchia che, a causa del persistere della crisi degli organi istituzionali, porta alla costituzione dei "soviet".
I "nuovi consigli" consistono in rappresentanze popolari elette sui luoghi di lavoro e organizzate da membri continuamente revocabili, secondo un principio di democrazia diretta.
A Pietroburgo sorge il soviet più importante che guida l'intero movimento rivoluzionario ed esercita nella pratica un forte potere in tutta la Russia. Ma mentre lo Zar esprime il suo consenso verso le richieste di libertà politiche e le istituzioni rappresentative, le autorità appoggiano la costituzione di movimenti paramilitari che fomentano azioni punitive contro i rivoluzionari.

Al termine della guerra con il Giappone, la vicenda precipita e il potere ritorna a favore del governo, diventando l'utile mezzo per arrestare i membri dei soviet e sopprimere le rivolte scoppiate nella capitale e a Mosca.
Subito dopo, si alternano la convocazione di due assemblee: la prima Duma viene eletta nell'aprile del 1906 con un complicato sistema elettorale che privilegia i proprietari terrieri, la seconda invece, eletta nel febbraio del 1907, rafforza maggiormente le ali estreme a discapito della coalizione di centro. Entrambe le assemblee vengono sciolte quasi immediatamente e il governo decide di modificare la legge elettorale, al fine di disporre di un'assemblea composta prevalentemente da aristocratici e sicuramente più arrendevole. Con il ritorno del potere in mano governativa, la Russia si lascia alle spalle la rivoluzione del 1905 e riprende la via del regime assolutista.


Gli equilibri europei alla vigilia della prima guerra mondiale

L'inizio del XX secolo vede delinearsi in Europa nuove rivalità internazionali.
Oltre alla storica rivalità tra Austria e Russia nei Balcani, il Marocco, uno degli ultimi stati africani indipendenti, è oggetto di mire espansionistiche sia da parte francese che da parte tedesca.

Le due "crisi marocchine", l'una del 1905 e l'altra del 1911, sembrano portare l'intera Europa verso un conflitto mondiale, ma sul filo della tensione la Francia ottiene un formale protettorato sul Marocco e la Germania si riserva una striscia del Congo francese.
Gli sconvolgimenti comunque non terminano con le due crisi del Marocco, anzi la zona balcanica rappresenta sempre un rischio per la già precaria pace europea.

Nel 1908, a mettere in crisi l'Impero ottomano è "la rivoluzione dei giovani turchi", che aspirano ad una modernizzazione dello Stato, attraverso la concessione di una costituzione da parte del sultano. Purtroppo il carattere centralistico del nuovo regime non fa che accentuare le spinte indipendentiste, accelerando la dissoluzione dell'Impero Turco.

Della crisi dell'Impero Ottomano, ne approfitta immediatamente l'Austria-Ungheria che procede, nell'ottobre del 1908, all'annessione della Bosnia e dell'Erzegovina. L'atto di prepotenza dell'impero austro-ungarico suscita il risentimento della Serbia e della sua protettrice, la Madre Russia.
Intanto l'Austria, appoggiata dalla Germania, riesce a far accettare alle altre nazioni il fatto compiuto, provocando la radicalizzazione del nazionalismo sud-slavo e l'indebolimento della Triplice Alleanza.

Nel 1911, l'Italia occupa la Tripolitania entrando così in guerra contro la Turchia, che subisce l'ennesima sconfitta.
A seguito delle sconfitte registrate dalla Turchia, si riaccendono le mire espansionistiche degli stati balcanici, alimentati e protetti sempre dalla Russia. Nel 1912, Serbia, Montenegro, Grecia e Bulgaria danno vita ad una nuova coalizione, che lancia un'ulteriore offensiva contro l'Impero Ottomano.
Questa volta, la Turchia perde gli ultimi suoi territori, fatta salva una striscia della Tracia, che le consente un controllo degli stretti. Ma al momento della spartizione dei territoti conquistati, anche la "nuova coalizione" balcanica si viene a rompere, a causa delle pretese avanzate dalla Bulgaria, che rivendica un diritto maggiore nella spartizione del bottino di guerra.

Una nuova alleanza, formata inizialmente da Grecia e Serbia, si schiera immediatamente contro la Bulgaria, accogliendo poi anche il supporto di Romania e Turchia. La guerra finisce con la sconfitta della Bulgaria, che suo malgrado deve cedere una parte della Tracia alla Turchia e una striscia di territorio del Mar del Nord alla Romania.

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