VI - L'era di una nuova società: socialismo e movimenti cattolici

La crescita della società di massa

Tra la fine dell'800 e l'inizio del 900 si viene a intensificare un processo di massificazione che interessa la maggior parte dei paesi europei.
Le caratteristiche delle nuove società di massa sono molteplici e si sviluppano in molti ambiti, sconvolgendo i vecchi schemi sociologici della tradizione comunitaria.
In questi anni si registra, infatti, un diretto impegno dello Stato nel campo dell'istruzione e, quindi nella lotta all'analfabetismo. Si allarga l'area dell'opinione pubblica tramite la diffusione dei giornali e si contribuisce all'ampliamento dei processi di socializzazione, in virtù dell'introduzione del reclutamento militare di massa.
Ormai il nuovo processo invade anche l'aspetto politico della vita sociale e il segno più tangibile di questa inclinazione si riscontra nell'estensione del diritto di voto.
Nel 1890, le uniche nazioni in cui vige il suffragio universale maschile sono Francia, Germania e Svizzera, che preannunciano agli altri paesi europei il nuovo corso storico. L'allargamento del diritto al voto determina anche un nuovo assestamento nelle forme organizzative e nei meccanismi della lotta politica, tanto che tutti i gruppi politici sono costretti a sperimentare nuove tecniche per conquistare il consenso popolare. Si determina in effetti un nuovo modello di partito, che prevede la collocazione di molti strati di popolazione attraverso una struttura permanente, articolata in organizzazioni locali e facente capo ad un unico centro dirigente. Contemporaneamente crescono anche le organizzazioni sindacali che, rappresentando un altro canale di socializzazione, riescono a far valere il proprio diritto all'esistenza sia contro le resistenze degli imprenditori e delle classi dirigenti, sia contro le preclusioni della dottrina liberista.

In tutta Europa nascono le confederazioni nazionali e tra le più importanti ci sono quelle di orientamento socialista, come la "Comissione Centrale dei Sindacati Liberi Tedeschi", fondata nel 1890, la francese "Confederation Generale du Travail", nata nel 1895 e poi anche la "Confederazione Generale del Lavoro" costituita in Italia nel 1906. Naturalmente sorgono in questo periodo anche associazioni sindacali di ispirazione cattolica e organizzazioni a guida liberale o conservatrice.
Prima dello scatenarsi della prima guerra mondiale, i lavoratori iscritti ai sindacati sono quattro milioni in Gran Bretagna, quasi tre milioni in Germania, più di due milioni in Francia e poco più di cinquecentomila in Italia. Alla fine dell'800 e agli inzi del '900, nei maggiori stati europei vengono istituite assicurazioni contro gli infortuni, fondi di previdenza per la vecchiaia e anche sussidi per i disoccupati. Oltre a questi provvedimenti, si stabiliscono anche controlli sulla sicurezza e l'igiene pubblica, si impedisce il lavoro dei fanciulli in età scolare, si introducono limitazioni agli orari giornalieri degli operai e si sancisce il diritto al riposo settimanale.
Ai primordi di questa nuova evoluzione sociale sorge anche la cosiddetta "questione femminile" che include tutti i temi rilevanti al ruolo della donna nella società. Nascono anche i primi movimenti di emancipazione femminile che lottano fortemente per ottenere l'estensione del suffragio alle donne.


I partiti socialisti e la Seconda Internazionale

Alla fine dell'800, nascono in Europa i principali partiti socialisti che, tralasciando la via della rivoluzione, portano avanti un'azione legale all'interno delle istituzioni. In concreto, il loro programma prevede la rappresentanza nei parlamenti e l'accettazione della partecipazione ai "governi borghesi".
Tra le tante tipologie di questi partiti, il più importante è sicuramente il partito socialdemocratico tedesco, istituitosi nel 1875 grazie all'opera di August Babel. La compattezza ideologica e i successi elettorali ne danno una particolare valenza, portandolo a divenire esempio e modello per i nuovi partiti nazionali.

In Francia, bisogna attendere il 1882 per vedere costituito, sotto la guida di Jules Guesde, un partito di ispirazione marxista, che si divide quasi subito in una serie di tronconi in reciproca concorrenza. La riunificazione in un unico partito, cui si attribuisce il nome di "Sezione francese dell'internazionale operaia", si ha solamente nel 1905, per iniziativa di Juan Juares.

In Gran Bretagna, invece, le Trade Unions conservano una forte egemonia nei confronti dei lavoratori. Solamente la "Società Fabiana", piccola associazione costituita da intellettuali, esercita forti proseliti sul movimento operaio. D'altra parte sempre i dirigenti delle "Trade Unions", nel 1906, prendono l'iniziativa di creare una nuova coalizione politica col nome di Partito Laburista (Labour Party) che, fondandosi sull'adesione collettiva delle organizzazioni sindacali, è priva di qualsiasi costituzione ideologica.

Nonostante le differenze ideologiche dei rispettivi paesi, tutti i movimenti operai europei, compresi i laburisti inglesi, hanno degli obiettivi comuni: il superamento del sistema capitalistico, la gestione dell'economia, l'ispirazione agli ideali internazionalisti e pacifisti, la partecipazione attiva nella lotta politica del proprio paese e la conquista di maggior consenso tra le masse dei lavoratori.
Oltre agli obiettivi comuni tutti i partiti socialisti dipendono da una organizzazione internazionale, che è l'erede di quella dissoltasi all'inizio degli anni '70.
La costituzione della Seconda Internazionale o Internazionale Socialista risale al 1889, quando i rappresentanti di numerosi partiti europei si riuniscono a Parigi, determinando come obiettivo principale del movimento quello di ridurre la giornata lavorativa ad otto ore; a tale scopo, viene indetta una giornata mondiale di lotta, prevista per il primo maggio di ogni anno.
La ricostituzione dell'Internazionale avviene ufficialmente a Bruxelles nel 1891, ancora una volta viene affermata l'intenzione di proseguire nel solco della dottrina marxista, escludendo la partecipazione degli anarchici e di quanti rifiutano l'adesione alle attività politico-parlamentari.
Al contrario della Prima, la Seconda Internazionale rappresenta una federazione di partiti nazionali autonomi e sovrani e, svolgendo un importante funzione di coordinamento, i suoi congressi rappresentano luogo di incontro e di discussione sui temi di comune interesse.

Tra le figure che elaborano e divulgano la teoria marxista troviamo Friedrich Engels che, adattando alla nuova realtà politica i fondamenti teorici della dottrina, riesce a fare molti proseliti presso i leader della socialdemocrazia tedesca. In particolare Karl Kautsky diviene un fedele sostenitore della teoria marxista, tanto da assurgere, alla morte di Engels, a massimo teorico del partito.

Engels e Kaustsky, di comune accordo pongono l'accento su altri aspetti della dottrina, comprendenti le fasi intermedie del processo rivoluzionario, le partecipazioni alle elezioni e le lotte per la democrazia e per le riforme.
Intanto la situazione cambia e all'interno del partito prendono corpo due tendenze opposte: la prima intende dar valore all'aspetto democratico-riformista dell'azione socialista, la seconda vuole recuperare l'impostazione rivoluzionaria del marxismo.
Promotore della prima tendenza è Eduard Bernstein che elaborando la concezione del "revisionismo", vede la comunità socialista come la realizzazione di una trasformazione graduale, realizzata dal profuso lavoro delle organizzazioni operaie e del movimento sindacale.

In opposizione al revisionismo di Bernestein, si schierano sia gli esponenti del marxismo ortodosso e sia le correnti di estrema sinistra del movimento operaio, convinti che dietro l'apparente lealtà al costrutto teorico del marxismo, si nasconda da parte dei dirigenti socialdemocratici tedeschi ed europei l'intenzione di voler proseguire una pratica riformista e legalitaria.
Anche la socialdemocrazia russa, con a capo Nikolaj Lenin, mostra il suo dissenso verso questa nuova prassi riformista, contrapponendo il progetto di un partito propenso alla lotta, guidato da rivoluzionari di professione.
Le teorie di Lenin ottengono il maggior consenso in un congresso, svoltosi in esilio a Londra nel 1903. Il partito allora si spacca in due correnti: quella bolscevica, guidata da Lenin e quella menscevica, sostenuta da Julij Martov.

Un'altra dissidenza di sinistra apre un vivace dibattito e trova la sua genesi in Francia, modificando le linee politiche del movimento socialista francese. Infatti, dietro il nome di "sindacalismo rivoluzionario" si manifesta un decisivo cambio di rotta della politica dei sindacati: i dirigenti sindacali francesi si convincono che bisogna addestrare i lavoratori alla lotta contro la società borghese.
Questo nuovo approccio trova il suo migliore interprete nella figura di Geroges Sorel che, pur non facendo parte del movimento operaio, esalta la funzione liberatoria della violenza proletaria e l'importanza dello sciopero generale come mito capace di trascinare gli operai alla lotta.


I cattolici, il ruolo sociale della Chiesa e il movimento della democrazia cristiana.

Nonostante l'atteggiamento di dura critica nei confronti dello sviluppo industriale, dell'emergere del movimento operaio, della crescita dell'individualismo borghese e delle ideologie socialiste, la Chiesa tenta di rilanciare un nuovo messaggio evangelico, uniformandosi così all'attuale condizione storica-politica.
Sul piano religioso sono favorite nuove pratiche individuali, mentre sul piano sociale la Chiesa svolge una funzione di aggregazione attraverso la struttura organizzativa delle parrocchie, delle associazioni caritative e dei movimenti di azione cattolica.

Nel frattempo, nel maggio del 1891, sale al soglio pontificio Leone XIII che, pur mantenendo l'atteggiamento severo del suo predecessore, attua una politica più duttile che incoraggia la nascita di nuovi partiti cattolici. Il documento più importante, scritto dal nuovo papa, è l'enciclica "Rerum novarum", dedicata ai problemi della condizione operaia. La "Rerum" esorta lo sviluppo dei movimenti cattolici, nella speranza che diventino strumenti di collaborazione fra le classi sociali.
Allora, i cattolici si organizzano e si sviluppano su basi di classe, adottando metodi in tutto simili a quelli dei sindacati socialisti.

Simultaneamente, alla fine dell'800, conquista la scena politica una nuova tendenza: la "democrazia cristiana". Sviluppatasi in Italia e in Francia, essa intende conciliare la dottrina cattolica con l'impegno sociale e con la prassi e gli istituti della democrazia.
Purtroppo le sorti politiche dei democratici cristiani hanno vita breve e cambiano tempestivamente, quando sale sul soglio pontificio Pio X, che auspica una visione tradizionale della missione della Chiesa.

In contemporanea, l'Europa di fine '800 è attraversata, sul piano ideologico-politico, da una corrente nazionalista, che assume dei tratti prettamenti razzisti e antisemiti.

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