Il compimento dell'unità d'Italia e l'annessione di Roma

Fra i tanti difficili compiti che il governo di destra deve affrontare, vi è quello del completamento dell'unificazione italiana: riunire entro i confini politici del Regno sabaudo il Veneto, il Trentino e, soprattutto, Roma e quindi il Lazio.

Già a unificazione avvenuta, il Parlamento, sotto proposta di Cavour, designa Roma come futura capitale del neonato Regno d'Italia.
Questa designazione comporta sicuramente uno scontro con il Papa, difeso da Napoleone III.
In verità, i primi governi del Regno d'Italia provano a stabilire un accordo con il Papa Pio IX, ma questi appare in rotta definitiva con il movimento nazionale liberale.
Pertanto il fallimento di questi tentativi dà inizio nuovamente all'azione dei democratici.

Nel 1862, Garibaldi recluta in Sicilia parecchi volontari e, ponendosi alla conduzione di una nuova spedizione armata, si dirige contro lo Stato Pontificio.
Napoleone III convince Urbano Rattazzi a procedere contro Garibaldi, che intanto si appresta a superare la Sicilia e la Calabria. Le truppe regolari e i garibaldini si scontrano sull'Aspromonte e lo stesso Garibaldi viene ferito e rinchiuso in una fortezza militare.

Dopo lo scontro sull'Aspromonte, Marco Minghetti, nel settembre del 1864, stipula con la Francia un accordo, detto "Convenzione di settembre", nella quale la Francia si impegna a ritirare da Roma il presidio militare e affida al governo italiano il compito di garantire la preservazione dello Stato Pontificio. Ma un articolo segreto della Convenzione stabilisce che il governo italiano deve spostare, a breve tempo, la capitale da Torino a Firenze.
Alla diffusione della notizia del trasferimento della capitale, si creano dei tumulti, che provocano una ventina di morti e centinaia di feriti.

In questi giorni, l'Italia, oltre a essere protagonista della sostituzione del primo ministro e del malumore popolare, è anche vittima della dura tensione economica, imposta dagli esiti non esaltanti della guerra contro l'Austria.

Ed ecco che, il Partito d'azione decide, ancora una volta, di percorrere la strada della insurrezione.
Proprio Garibaldi, nell'aprile del 1867, ritenta di effettuare la spedizione, reclutando volontari nella Toscana meridionale. Ma la sua iniziativa viene presto fermata da Rattazzi, su pressione di Napoleone III: Garibaldi viene così arrestato e confinato a Caprera.
Fuggito da Caprera, Garibaldi sconfigge le truppe papali a Monterotondo (25 ottobre) e punta su Roma, ma subito dopo viene sconfitto a Mentana dalle truppe francesi e costretto a riparare in Toscana.
L'episodio di Mentana costituisce un grave insuccesso per il Partito d'Azione e i francesi ritornano a presidiare Roma, convinti che gli italiani non siano in grado di liberare la città.
L'occasione per conquistare Roma si presenta solamente tre anni più tardi, quando nel 1870 i Prussiani a Sedan riescono a sconfiggere e a fare prigioniero Napoleone. Sconfitto l'imperatore francese, il governo italiano invia nel Lazio un corpo di spedizione guidato da Raffaele Cadorna che, sconfiggendo le truppe papali, avanza verso Roma attraverso la cosiddetta breccia di Porta Pia.

L'annessione dei territori pontifici viene ratificata mediante un plebiscito e nel luglio del '71 la capitale viene definitivamente trasferita da Firenze a Roma.


La sinistra conquista il potere

Nella prima metà degli anni '70 si accentuano le fratture all'interno della Destra, divisa ormai tra gruppi di base regionali: lombardo-emiliani, piemontesi e toscani.
Nel versante politico della sinistra, oltre alla vecchia Sinistra piemontese e a alla cosiddetta Sinistra storica, si costituisce la Sinistra giovane, che è espressione di una borghesia moderata poco garante della tradizione democratico-risorgimentale, ma molto più attenta ai propri interessi.

Il 18 marzo 1876 la Destra si presenta divisa alla Camera, su un progetto che prevede la statalizzazione delle ferrovie, affidate sino a quel momento a delle compagnie private. La scarsa omogeneità del gruppo politico di destra porta alle dimissioni del primo ministro Minghetti e alla formazione di un governo di sinistra con a capo Agostino Depretis.
Il nuovo governo è formato da tutti uomini di sinistra e il suo programma prevede l'allargamento del suffragio universale, la riforma dell'istruzione elementare, gli sgravi fiscali e il decentramento amministrativo.

I governi Depretis, che si succedono quasi interrottamente dal 1876 al 1887, si attivano nella deliberazione di una serie di provvedimenti: l'abolizione dell'imposta sul macinato, l'approvazione di una nuova legge elettorale (1882) che conferisce il diritto al voto a più ampi strati della popolazione e la promulgazione della legge Coppino, che rende gratuita e obbligatoria la frequenza del primo biennio di scuola elementare.
Durante il governo Depretis prende corpo un accordo elettorale con la sinistra di Minghetti: ha così inizio il periodo del cosiddetto "trasformismo" che porterà, a causa della riduzione nelle differenze ideologiche fra Destra e Sinistra, ad un sostanziale mutamento nella fisionomia della Camera.
Infatti, da un modello bipartitico di stampo inglese si passa ad una coalizione di "grande centro", che tende ad unire le opposizioni moderate e ad escludere le estremità più radicali.

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